Gli spazi esterni per la ristorazione sono un modo per ampliare il fatturato, avvolgendolo in ambientazioni “green” un cliente in cerca di plein air. Come è capitato nell’ultimo anno negli Stati Uniti.
Tutti fuori: è il mantra, il must have, il refrain. Dopo un inverno di soluzioni creative e audaci, tra igloo, yurte, tetti attrezzati con casette trasparenti (come nel pop up newyorchese The Greens), tende dotate di sistemi di sanitizzazione dell’aria tramite raggi UV-C e designer in primo piano per rendere l’ambiente accogliente e distintivo, l’outdoor si prepara ad affrontare la bella stagione. I clienti, non solo per eventuali regolamenti, ma soprattutto per senso di sicurezza personale e desiderio di spazi aperti e aria fresca, voglia di sostenibilità e natura, vorranno trascorrere sempre più il loro tempo, e consumare i loro pasti, en plein air.
Pensiamo al caso dagli Stati Uniti: i ristoranti sono aperti da tempo a pranzo e cena ma in stati come New York ci sono ancora limitazioni per quanto riguarda l’accesso di clienti ai locali interni. Il clima anzi ha proprio fatto da spartiacque nella passata stagione, con un Texas travolto da un’insolita ondata di gelo che ha dovuto correre ai ripari - letteralmente – con soluzioni da estremo Nord mentre in città come Miami i ristoranti, dopo le prime settimane dell'epidemia, hanno riaperto sfruttando proprio gli esterni, e animando cortili, patio e marciapiedi.
La chiave per continuare a lavorare è stata la resilienza e la riorganizzazione degli spazi, non solo temporanea, per le norme sanitarie che si spera con il tempo recederanno, ma anche guardando a un futuro in cui il dialogo tra spazi interni ed esterni sarà la norma.
Una indagine lanciata dalla rivista rd+d ha evidenziato come il 62,5% dei designer considera il miglioramento o ampliamento degli spazi esterni come un fattore da prendere in considerazione nella progettazione di nuovi locali, mentre il 21% ritiene fondamentale ideare spazi flessibili.
Di più: la sensazione di molti – designer, architetti e urbanisti – è che l’outdoor cambierà la strutture stessa delle città. “È tempo per una nuova tradizione” ha detto al New York Times il sindaco de Blasio dopo l’esperimento invernale di aperture esterne: “È stato un grande e audace esperimento per sostenere un'industria vitale e reinventare il nostro spazio pubblico - e ha funzionato. Mentre iniziamo una ripresa a lungo termine, siamo orgogliosi di estendere ed espandere questo sforzo per mantenere New York City la città più vivace del mondo”. E altre metropoli, da Los Angeles a Cincinnati, stanno pensando di estendere in modo permanente le agevolazioni nell’occupazione degli spazi.
Intanto si scatena la creatività, dagli ambienti sottomarini che giocano con il blu del ristorante italiano Marea alla evocazione di un mercato di Tokyo realizzata dal giapponese Buddakan, entrambi a New York, in un gioco in cui esterni e interni dialogano dinamicamente con cucina e tradizione. Con la bella stagione appare poi indispensabile la presenza di piante e pergole, mentre le tende solari aiutano anche in condizioni di pioggia come succede al Meat Market a Tampa. Grande spazio anche ai rooftops, una tendenza recente che sarà senz’altro ripresa nella prossima stagione: nella Grande Mela Azul on the Rooftop ha ricreato sul tetto l’atmosfera di un bar cubano.
Una necessità ma anche un’opportunità: i dehors vinceranno anche perché sono una magnifica occasione di portare la propria presenza “sulla strada”, evidenziando con forza maggiore l’offerta del locale. Ed emergere dalla folla, nei prossimi mesi e anni, sarà davvero una delle chiavi per il successo.