Dai ristoranti stellati ai bistrot, passando per bar e caffetterie in giro per il mondo. Se nei menu è presente il gelato, con molta probabilità le macchine per la produzione dell’amato dolciume, i semilavorati, le ricette e perfino le vetrine, in cui viene esposto, saranno rigorosamente “made in Italy”. E ora la sfida per il settore, cercando di recuperare a stretto giro i livelli di vendita pre-pandemia, è quella di conquistare nuovi mercati esteri, con un occhio di riguardo a innovazioni tecnologiche e sostenibilità.
Osservatorio realizzato in esclusiva per HOST da Il Sole 24 Ore Radiocor
Il successo planetario del nostro Paese in campo gastronomico, che negli ultimi anni ha visto l’industria italiana conquistare nuovi traguardi nel settore del food, passa infatti anche per il gelato, una delle eccellenze indiscusse della nostra produzione alimentare. Un primato, come accennato, che non riguarda solo la classica “arte del saper fare” legata ai gusti di uno dei dolci più celebrati al mondo, ma l’intera filiera, dalle macchine per la sua produzione, dove siamo leader indiscussi, fino ad arredi e vetrine refrigerate in cui le pasticcerie espongono con orgoglio i mille gusti preparati nei loro laboratori.
Il rilancio post-Covid passa (anche) dal gelato
Se la stima dei danni causati dal Covid alle gelaterie artigianali italiane ha fatto tremare gli operatori del settore, che lo scorso anno a causa dei lockdown hanno calcolato un calo del 40% del fatturato, passato da 2,5 a 1,5 miliardi di euro, con la ripartenza dell’economia il comparto nel 2021 sta rapidamente riprendendo vigore. Come di recente raccontato dal Sole 24 Ore, infatti, la spinta è arrivata anche grazie alla tendenza a una sempre maggiore destagionalizzazione, che porta i consumi di gelato “fuori stagione” e ben al di là del classico boom estivo. E così le vendite nei primi cinque mesi dell’anno, anche grazie al delivery, sono balzate in avanti del 14%, senza contare la scontata risalita agostana.
I segnali indicano che la direzione della ripresa è ormai tracciata. Tanto che, come certificato dalla Coldiretti alle porte dell’estate, già a maggio si sono registrati i primi record di vendite, grazie alla ripresa del turismo interno e alla ritrovata libertà di movimento degli italiani. E questo solo nelle gelaterie nazionali che, forti di 39mila punti vendita e 75mila addetti, spesso funzionano da “termometro” per certificare l’andamento dell’intera industria italiana del settore, export compreso. Secondo i calcoli preliminari dell’Associazione Italiana Gelatieri, si è registrato un «grande successo» del gelato artigianale tra luglio e agosto, con consumi in crescita del 4% rispetto all'anno precedente. In risalita le vendite nelle zone balneari, mentre i centri storici stanno soffrendo di più a causa della mancanza del turismo internazionale, con il Centro e il Sud Italia che la fanno da padrone con un +14% nelle vendite di coni artigianali.
Bravo: «Le nostre macchine per gelato alla conquista degli Usa»
Tra gli “ambasciatori” del gelato tricolore nel mondo c’è il marchio Bravo, nato oltre 50 anni fa e oggi leader del settore con le sue macchine multifunzione per gelateria, pasticceria e cioccolateria. Fondata dall’omonima famiglia, oggi la guida dell’azienda, che ha il suo quartier generale a Montecchio Maggiore (Vicenza), è affidata alla seconda generazione, con Giuseppe Bravo nel ruolo di amministratore delegato. Di fronte alle chiusure legate all’irrompere della pandemia da Covid-19, «abbiamo reagito – spiega l’a.d. – usando al meglio i mezzi che ci permettevano di comunicare con il mondo. L'azienda Bravo ha sempre sfruttato le tecnologie digitali, dal web e ai social, ma in quella circostanza li abbiamo ulteriormente implementati. Ci siamo dotati anche di una sala regia interna che ci ha permesso di continuare a restare virtualmente in contatto con tutti i nostri clienti e distributori. Grazie a questa abbiamo potuto dedicarci maggiormente alla formazione della nostra rete vendita e alla relazione one-to-one con venditori e clienti».
Sforzi che si sono tradotti anche in risultati sul fronte delle vendite, dove il gruppo vanta «gli stessi numeri che registravamo pre-pandemia». E se sull’export, «gli Stati Uniti si sono rivelati un mercato ancora più interessante», ora l’azienda ha davanti la sfida della sostenibilità: «Ci stiamo muovendo da qualche anno su diversi fronti. Sul tema ambientale abbiamo deciso di prendere parte al progetto di riforestazione promosso da Treedom, piantando 200 tra alberi da frutto e piante di cacao, in un progetto che abbraccia molti aspetti: sostenibilità, compensazione di emissioni di CO2, possibilità di dare lavoro in modo etico e locale. Sul tema macchine, invece, stiamo investendo nella Ricerca e Sviluppo di nuove tecnologie, in particolare in un brevetto che presenteremo a breve. Infine, siamo alla costante ricerca di imballaggi speciali che producano meno inquinamento possibile».
E già nella prossima edizione di Host Milano (la fiera mondiale dedicata al mondo della ristorazione e dell’accoglienza in programma dal 22 al 26 ottobre), l’azienda veneta presenterà un nuovo sistema sottovuoto modulare.
Isa punta su «frigo verticali con apertura touchless»
«Siamo attivi in oltre 110 paesi con una quota export di oltre il 70%. Oltre che quelle italiane abbiamo dovuto gestire le problematiche di singoli paesi legati alla pandemia, ma la nostra organizzazione ci ha permesso di continuare a lavorare con clienti e partner in modo efficace nonostante le limitazioni» spiega l’amministratore delegato di Isa Spa, Marco Giulietti, parlando delle prospettive del gruppo sui mercati stranieri. Dal 1963 l’azienda produce a Bastia Umbra (Perugia) e da lì distribuisce nel mondo vetrine refrigerate e arredamenti per locali pubblici, con cinque marchi diversi e un fatturato di oltre 120 milioni di euro.
Quando è esplosa di colpo la pandemia «l’impatto è stato importante – racconta Giulietti – eravamo appena tornati da una fiera in Germania, ma ci siamo riorganizzati immediatamente. Per garantire la continuità di produzione abbiamo sviluppato tra i primi al mondo, insieme a HPE, un tag Bluetooth che permette di tracciare le interazioni in fabbrica e ricostruire la catena di contatti in caso di soggetti positivi al Covid permettendoci di lavorare in continuità. Sul fronte commerciale la mancanza delle fiere e la ridotta possibilità di viaggiare è stata compensata potenziando la parte Digital per la presentazione dei nuovi prodotti e la formazione».
Un aiuto è arrivato dalla capacità di stare su più segmenti diversi del mercato: «L’azienda è attiva in più settori della refrigerazione commerciale, ad esempio nella distribuzione alimentare, non solo nel gelato, questo ci ha permesso di compensare problematiche locali o di settore consentendoci di sostenere la domanda importante che abbiamo avuto in altri settori». Ad esempio, i frigoriferi verticali con apertura automatica touchless «stanno riscuotendo un grande interesse perché hanno saputo rispondere a una nuova esigenza del mercato». Anche in questo ramo la sfida della sostenibilità appare sempre più decisiva: «Abbiamo già compiuto da tempo la scelta di equipaggiare tutti i nostri prodotti solo con i refrigeranti naturali, ora ci stiamo concentrando sul tema dell’economia circolare».
Frigomeccanica: «Carte in regola per espanderci all’estero»
La diversificazione è la chiave di volta anche per l’abruzzese Frigomeccanica, come emerge dalle parole del suo amministratore delegato Enzo Di Serafino: «L’azienda ha reagito positivamente al Covid poiché nel 2020 è riuscita a fare una performance del -20% sui ricavi rispetto al 2019, quando il nostro mercato ha fatto in generale da -30 a -40%. Questo grazie alla sua flessibilità poiché Frigomeccanica è presente anche in settori del food con vetrine alimentari diverse da quelle per gelaterie e bar, settori che hanno risentito meno della crisi poiché non hanno avuto chiusure forzate in tempo di lockdown». Con stabilimenti di produzione dislocati nel Centro Italia, in provincia di Teramo, e diversi marchi in portafoglio, per il gruppo Frigomeccanica, «il settore del gelato artigianale è uno dei settori principali dei propri prodotti. L’azienda produce vetrine refrigerate per l’esposizione e la conservazione del gelato artigianale, che sono ben diverse da quelle per gelato industriale. Quelle per gelato artigianale – sottolinea con orgoglio l’a.d. – hanno tecnologia importante e superiore in quanto il prodotto artigianale ha caratteristiche diverse, più delicate, e quindi la costruzione di vetrine necessita di know-how sofisticato che attualmente è prevalentemente patrimonio di pochi produttori italiani tra cui noi».
Il manager racconta come le nuove regole sul distanziamento sociale abbiano addirittura avuto un impatto sulla messa a punto dei nuovi modelli: «Abbiamo studiato dei prodotti per la ripartenza come i banchi bar e le vetrine su carrello da utilizzare negli spazi esterni che hanno avuto un discreto successo». E il traguardo di un ritorno ai livelli pre-pandemia si avvicina: «Attualmente i numeri dei ricavi sono nettamente positivi e, seppur non uguali al 2019, sono comunque in trend molto positivo del +26% rispetto al 2020» (nel confronto con i primi sette mesi).
La strategia ora si basa sulla conquista di nuovi mercati esteri: «A livello di export noi abbiamo acquisito nuovi clienti e mantenuto gli altri con incremento minimo di ricavi ma comunque con ottime prospettive per il futuro, in quanto la nostra è azienda in espansione e investirà considerevolmente nell’export in quanto attualmente opera per l’80% sul mercato Italia ed ha tutte le carte in regola per espandersi». E se sulla sostenibilità «stiamo investendo sui bassi consumi energetici», ora il gruppo sta accelerando sul fronte degli investimenti: «Per il futuro prossimo abbiamo investito su nuove serie di vetrine per gelato e pasticceria, che presenteremo ad Host di ottobre, mentre per il prossimo anno stiamo progettando nuove estetiche con materiali innovativi per il settore ma comunque della tradizione Italiana che ci deve contraddistinguere nel mondo».