Albergo diffuso, il modello perfetto per l’hospitality post-Covid19

fieramilano, Rho
17-21.10.2025

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Albergo Diffuso, il modello perfetto per l’hospitality post-Covid19

In un mondo sempre più digitale e attento ai temi della sostenibilità, del recupero delle tradizioni e della valorizzazione del territorio, il mondo dell’hospitality ai tempi del Covid-19 ha un’opportunità da non lasciarsi scappare: l’Albergo Diffuso.

COS’E’ L’ALBERGO DIFFUSO

 

Secondo una recente ricerca di Uninettuno, una delle prime 10 università telematiche d’Europa, infatti, questo modello sviluppatosi all’inizio degli anni ’80 nella regione del Friuli-Venezia-Giulia, per evitare di lasciare in stato d’abbandono le abitazioni storiche colpite dal terremoto, si è riproposto con maggiore forza all’inizio degli anni 2000, anche proprio per iniziare a rispondere a quelle esigenze di flessibilità che hanno poi dato vita in tutto il mondo a imprese innovative più agili e semplificate, come le startup, ma in grado di porre grande attenzione su temi cruciali per il futuro, come l’innovazione, l’ottimizzazione della gestione energetica, il miglioramento dello smaltimento dei rifiuti e la riqualificazione del territorio. Oggi, così, l’Albergo Diffuso è quindi perfetto per inserirsi all’interno di vecchi borghi o villaggi edificati in località montane o rurali ormai in disuso. La sua organizzazione, pur rimanendo, in termini operativi, quella di un hotel, a livello fisico è quella di una serie di edifici differenti e ospitanti un numero spesso ridotto di posti letto. Un concetto, questo, che offre agli ospiti una maggiore flessibilità nell’alloggio e anche una maggiore autenticità dell’esperienza che diventa in questo modo più coinvolgente ed emozionale, rispecchiando i desiderata delle nuove generazioni di clienti, sempre alla ricerca di quella particolarità tutta da scoprire in un mondo globalizzato.

 

 

L’ANIMA GLOCAL DELL’ALBERGO DIFFUSO

 

Un comparto, quello dell’Albergo Diffuso, quindi, impegnato sia da un punto di vista dei valori moderni, sia da un punto di vista della tradizione culturale di luoghi e associazioni o consorzi da sostenere per promuovere un retaggio storico e valoriale millenario da custodire e proteggere. Secondo i dati dello studio, infatti, la maggior parte delle strutture, che risultano essere “alberghi orizzontali” di medio piccole dimensioni, basati su investimenti privati a bassa partecipazione pubblica, sono collegati ad attività locali dedicate alla promozione di luoghi, opere d’arte e produzioni artigianali o alimentari del territorio. Un legame stretto con l’area geografica in cui operano, dunque, che rende queste strutture ricettive estremamente sostenibili non solo da un punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Un impatto, quest’ultimo, sul quale comunque, secondo l’analisi di Uninettuno, bisognerà ancora lavorare, dato che il 23% del campione intervistato ha dichiarato di non essere collegato a nessun ente o consorzio, sottolineando come, nonostante il suo concreto valore per l’ecosistema sociale in cui si inserisce, questo modello imprenditoriale del turismo abbia ancora bisogno di farsi conoscere a livello locale.

 

 

LA PROMOZIONE PARLA DIGITALE

 

La comunicazione e il marketing, in questo senso, sono due aspetti cruciali in un’attività di questo tipo e risultano avere anche un deciso impatto innovativo sulle realtà oggi presenti in Italia. Aziende che, secondo il rapporto dell’ateneo romano, hanno deciso di puntare tutto sul digitale, mescolandolo con il classico passaparola. Una strategia promozionale ibrida che trova riscontro anche nella flessibilità del flusso di lavoro per poter rispondere a qualsiasi esigenza, rimanendo al passo con i tempi per implementare la propria competitività e allargare il proprio campo d’azione con una visione sempre più internazionale e innovativa.

 

 

SUSTAINABILITY-FIRST

 

Una capacità di sperimentare e raggiungere il successo che alla base ha la sostenibilità, sia intesa come recupero delle risorse energetiche (il 38% dei casi ha realizzato un impianto fotovoltaico), sia a livello di riciclaggio dei materiali (che coinvolge il 41% delle strutture considerate) e la riduzione dei rifiuti (attività nelle quali è impegnato il 50% del campione). Tutte operazioni che, però, hanno costi di installazione e manutenzione che richiedono investimenti importanti, spesso coperti grazie a bandi regionali, statali o europei, e tempi di ristrutturazione iniziali che si aggirano intorno agli 8 anni e che risultano essere uno scoglio iniziale estremamente impegnativo, ma anche fondamentale da superare per la maggior parte delle realtà presenti oggi nel nostro Paese. Una determinazione green, potremmo dire, che sottolinea la visione “futurista” e di lungo periodo che caratterizza queste imprese e che offre anche un concreto spaccato di come il business stia cambiando pelle non solo nell’industria manifatturiera, ma anche in settori come il turismo, portando  nuovi metodi d’approccio e sviluppo a un mercato che sta affrontando una delle più complesse sfide della sua storia.