Dopo l’era dei “classici”, la nuova onda che utilizza la Coffea nella mixology passa per una maggiore consapevolezza dell’origine della materia e della sua complessità.
Con la vodka è l’abbinamento più classico e tradizionale: un nome su tutti, l’espresso Martini, insieme ai suoi innumerevoli twist, perché spirit neutro e che non contrasta con il gusto del caffè che tende a dominare. Ma anche il rum che regala gusti rotondi uniti a una acidità piacevole. Tipico, poi, è il mix con il whiskey irlandese, come nell’Irish Coffee.
“Il caffè è un’ottima base per i cocktail perché consente di sperimentare accostamenti con distillati acidi e aromatici” spiega la barlady Virginia Ducceschi, che ha studiato un cocktail a base di mezcal e caffè etiope, il Cinque Continenti, con Mezcal, Dom Benedectine, caffè etiope, Bitter all’arancia, zucchero moscovado, bacche di cardamomo e scorze di arancia.
Il connubio tra caffè e spirits negli ultimi anni è protagonista di una riscoperta importante. Che passa, rispetto al passato, da una maggiore conoscenza della materia prima e delle varie estrazioni che guardano oltre l’espresso. Insomma, con un percorso simile e che anzi ha preceduto ciò che sta accadendo in cucina – ed è comprensibile, visto che al bar mixology e caffetteria quasi sempre convivono, anche se in orari diversi del giorno – il caffè sta diventando materia prima complessa da studiare ed utilizzare a seconda delle sue diversissime note aromatiche.
Cinzia Ferro, barlady titolare dell’Estremadura Café di Verbania, pone poi l’accento su un’altra sfaccettatura assai “potente” del caffè. “L’aspetto culturale può essere un’eccellente argomentazione da utilizzare con il cliente nel presentare le ricette che ne derivano”. Al bar, ma anche sui social dove postare immagini d’impatto, mostrando, oltre ai cocktail, anche le attrezzature con cui è stato estratto il caffè che in genere sono assai scenografiche.
L’evoluzione più recente del caffè nella mixology si chiama Cold Brew. Perché il suo aroma leggero e meno invasivo, ma spesso in grado di esaltare le note più sottili, agrumate o floreali, lascia maggiore spazio di manovra al bartender.
Ci lavora da tempo Julius Meinl che popone una miscela speciale 100% Arabica da Sud America e India, dalle note dolci ed eleganti, per la miscelazione, con rivisitazioni di cocktail classici, dal Gin Tonic Meinl (gin, cold brew, tonica, ghiaccio e scorza di limone) all’aperitivo analcolico come il Coconut Delight (Cold Brew, ghiaccio e sciroppo al cocco e panna). Non solo: visto che come sempre anche l’occhio vuole la sua parte, e la scenografia è importante, l’azienda propone anche un brewer in acciaio inossidabile spazzolato da 3 litri, che diventa un elemento di design nel locale e permette di mantenere costantemente freddo il caffè per servirlo alla temperatura ideale, bicchieri trendy in vetro a forma di vasetto e piccoli sottobicchieri a forma di pallet.
Sul fronte degli sciroppi e degli aromi a base naturale e spesso anche vegan friendly lavora da vent’anni l’azienda australiana Maltra Foods. “Con le tendenze frenetiche e in continua evoluzione della caffetteria, offriamo gusti che faranno tornare i clienti al bar”. Venti referenze tra cui una che evoca le notte ricche e invernali dell’Irish Coffee, ma anche a base di cocco, macadamia, frutto della passione o nocciola da aggiungere a cocktail, mocktails e cold brew.