Uno sguardo alla ristorazione colombiana che guarda oltre le difficoltà accogliendo nuove modalità: take away e ghost kitchen, ma anche sanitizzazione, ingredienti locali, farm to table e packaging sostenibili
Riaperta a giungo, la ristorazione colombiana ha vissuto momenti difficili a causa della pandemia e dei disordini politici. La ripresa “lenta ma costante” però ora c’è, e si prevede porterà a un recupero totale delle vendite per dicembre 2021, come ci racconta Claudia Elena Hernández, direttrice esecutiva della ACODRES - Asociación Colombiana de la Industria Gastronómica. “Abbiamo visto e sostenuto la nascita di nuove modalità, come le Ghost Kitchens centralizzate e il take away che era pressoché sconosciuto in Colombia. Abbiamo lavorato per rendere queste nuove iniziative vitali e accettate dalla regolamentazione delle autorità durante la quarantena”.
Come è evoluta la ristorazione?
Innovazione e adattamento sono state le parole d'ordine di tutto questo periodo. Abbiamo visto le Ghost Kitchen specie per i fast food. Purtroppo abbiamo anche assistito alla proliferazione di cucine illegali. Quanto all'igiene, il take away si è reso rigoroso, diretto e diligente nella gestione degli articoli e nella loro presentazione. Imballaggi a prova di manomissione, materiali ecologici e formazione in igiene e disinfezione per il personale addetto alle consegne sono conquiste che resteranno.
Qualche case history interessante?
Molti ristoranti hanno dovuto fare a meno dei loro fornitori abituali e si sono rivolti alla produzione locale. La “Arepathon colombiana per l'indipendenza” è un'iniziativa nata a Quindio, uno dei più importanti stati produttori di caffè del Paese, dove i ristoratori locali hanno comprato l'intera produzione di mais per produrre arepa, un tipo di pane, che hanno venduto in tre giorni in varie città: hanno salvato il raccolto e fornito ai coltivatori locali i mezzi di sussistenza. Ora c'è una maggiore consapevolezza della catena del valore intorno al farm to table e una valorizzazione degli ingredienti locali, prima non pienamente apprezzati. Ma c’è tanto lavoro da fare. La Colombia è il secondo Paese con maggiore biodiversità al mondo. Stiamo ancora scoprendo la nostra gastronomia e la varietà di sapori e preparazioni che abbiamo nel nostro patrimonio agricolo e sociale. È un connubio di fattori emozionali ed economici che dovrebbe essere incorporato nel modello di sviluppo economico, ci sono nuove sinergie che possono e devono essere sfruttate.
E la sostenibilità?
Non si può dire che l'argomento sia di primo piano, ma è un tema che sta guadagnando rilevanza. Attualmente la mancanza di priorità ruota essenzialmente intorno ai costi aggiuntivi. Ma crescono i ristoratori che acquistano direttamente da agricoltori locali, cambiano i menu stagionalmente, eliminano gradualmente le bottiglie di plastica sostituendole con vetro ricaricabile. Acodres sta progettando programmi con il più grande mercato centrale di approvvigionamento del Paese per ridurre i rifiuti e promuovere progetti di economia circolare.
Come vedete il futuro dell’ospitalità in Colombia?
I nostri clienti sono tornati e la loro gioia è palpabile. La nostra cultura richiede un contatto umano, siamo un popolo che festeggia e l'industria dell'ospitalità è sempre stata parte integrante dell'esperienza. Alla gente sono mancati il servizio, la presenza, l'esperienza di un luogo diverso, poter scegliere da un menu completo, la celebrazione della vita che ruota intorno alla tavola. Alcune cose non torneranno più quelle di una volta. I menu digitali e i protocolli di sicurezza più severi (mascherine, lavaggio delle mani, disinfezione e sterilizzazione, imballaggi a prova di manomissione, allontanamento sociale) continueranno a essere la norma ancora per qualche tempo. Dovremmo aspirare ad acquisire le migliori pratiche e imparare dalle nostre esperienze, tenere il buono e lasciare che il cattivo si sciolga col tempo. Il modello di business si adatterà come ha sempre fatto, ma il business stesso rimane essenzialmente lo stesso.