Cosa cerca il cliente oggi? Un dolce che racconta la vita e la personalità di chi l'ha ideato. Ecco tre esempi dal sud (De Vivo, Pompei), al centro (Musco, Roma) e dal nord (Dolce Angolo, Rezzato).
Alla pasticceria di alto livello non si chiede più solo qualità, ma una direzione capace di portare il consumatore goloso a svelare la vera identità di quel progetto e della sua filosofia. Il cliente consapevole non si accontenta di mangiare dolci buoni; vuole sapere chi è il pasticciere, quali ingredienti usa, come la sua storia personale si intreccia con il cibo che più di qualunque altro celebra i suoi momenti più importanti, da una ricorrenza a una festa privata. E poi, se quella creazione di alta pasticceria è “credibile”, cioè autentica, o è solo una bella operazione di marketing, destinata a esaurirsi nella sua “instagrammabilità”. Vuole sapere se è la tradizione o la sua negazione a guidarlo, così da scegliere il dolce e il pasticcere che rispecchia i suoi gusti e il suo modo di pensare.
La direzione ora più che mai, nella pasticceria d’autore, è chiara: identità e personalità del pasticcere sono inscindibili dal suo dolce, dove identità è sia ribellione alla tradizione sia l'opposto ovvero l'immenso rispetto della tradizione e del suo patrimonio storico di ricette. Come se la pasticceria celebrasse una storia di famiglia, diventando ambasciatrice di una terra e delle sue tradizioni.
È il caso di pasticcieri che portano avanti, con fierezza e qualità artigianale, la bandiera della tradizione partenopea, che mai stanchi (e aggiungo per fortuna) delle icone, continuano a sfidarsi sull’eccellenza degli ingredienti, su processi di lavorazione con lievito madre, sulla proposta di un “dolce paniere” di prodotti intramontabili come sfogliatella, babà, pastiera, torta caprese.
La pasticceria De Vivo a Pompei dal 1955, è una di queste realtà, dove sfogliatella e babà regnano sovrani, ma c’è spazio per innovare la tradizione, proprio per renderla ancora più solida. La pastiera, il babà stesso e la caprese vengono riproposti in chiave di lievitato per superare il limite del loro consumo in pochi giorni, e poterli proporre a un mercato più vasto. E la sfogliatella viene rivisitata in formato chips: dischi caramellati leggeri, versatili e croccanti, che diventano uno snack che sa di tradizione, ricavato dai dischi di sfogliatella da farcire poi con una crema alla nocciola o al pistacchio.
Da Pompei saliamo a Roma, dove il maritozzo è il vero re della città. Qui si trova una pasticceria che quando aprì, nel 2011, si rifiutò di offrire ciò che il cliente si aspettava come il maritozzo, la torta mimosa, il tiramisù, il millefoglie. Siamo da Walter Musco, che nasce come gallerista d’arte e poi diventa pasticcere. Musco ha personalità da vendere e non ha nulla contro la tradizione ma ritiene che: “La pasticceria non è inserire in una preparazione zuccheri e realizzare roba croccante o pomposa. La pasticceria deve raccontare chi pensa e fa quel dolce”. Nel suo processo produttivo intervengono parole come passione, cultura, arte, che fanno in modo che il dolce si trasformi in qualcosa che può essere raccontato e non solo mangiato, perché è la storia di vita stessa del pasticcere. Secondo Musco, l’atto più intimo che gli esseri umani possono condividere è ingerire qualcosa che è stato fatto da qualcun altro; un tempo era solo un atto legato al nutrimento, ma ora è rivolto a far provare e a vivere un’esperienza al cliente in cui il pasticcere racconta chi è. Walter racconta se stesso con l’arte, la letteratura e il viaggio, che trovano una sintesi perfetta nei suoi dolci. La sua pasticceria non seguirà mai i futuri trend, ciò che piace di più o che è più visto. I trend hanno un inizio e una fine, il futuro invece è fare il proprio percorso professionale, proporre il proprio contenuto di solidità e unicità. Non sarà mai la veste che identifica un dolce, ma il suo contenuto, l’arte è la capacità di esprimere il filo logico fra la veste esterna e il contenuto interno del prodotto. “Dona Flor” una delle torte più note di Musco, è una sua storia personale dedicata al Brasile e ai romanzi di Jorge Amado: frolla al cacao, mousse al cioccolato makaè tipico del Brasile, cremino di noce pecan, noce anch’essa tipica di questa terra, e poi un disco di cioccolato grattugiato che ricorda la corteccia del pau brasil, l’albero che ha dato il nome al paese. Chi mangia quel dolce, gusta una storia che per Walter è il Brasile, vive l’emozione di un viaggio che rimane scolpita nei sensi.
Infine, il nord. A Rezzato, siamo in provincia di Brescia, c’è una pasticcera di 25 anni, Carlotta Filippini, che ha le idee ben chiare sul futuro della pasticceria di famiglia, Dolce Angolo, che ha ereditato da mamma e papà pasticcere. Qui non mancano i dolci tradizionali come il Bossolà bresciano, la Torta Donizetti bergamasca, la Torta di Rose, ma la direzione è integrare una pasticceria alternativa per rispettare le esigenze salutari del cliente e le sue intolleranze alimentari.
Carlotta vince il concorso Vegateau per il 2023 proprio con la sua torta vegana, dal nome “infanzia”, in cui ci sono tre ingredienti, quelli della sua vita: limone, cioccolato e caffè. Carlotta incarna quella generazione di nuovi pasticceri con il cuore profondamente legato alla famiglia, alla tradizione ma con l’occhio puntato a una pasticceria inclusiva che coniuga gusto a digeribilità e salubrità.
Diverse tendenze da nord a sud che segnano un’unica via percorribile per una pasticceria sempre più al passo coi tempi: emozionare! Emozionare con quella sfogliatella che mangiamo da bambini e che vogliamo sempre uguale, quasi per ritrovare noi stessi, oppure con una torta che ci apre a un viaggio in Brasile e alla sua essenza, o con una torta vegana che riesce a esprimere un mix di gusti eccezionali partendo dai ricordi di infanzia e aprendosi all’inclusività.
La pasticceria è stata e sarà sempre un’emozione, quando parole come storia, tradizione, arte, avventura, artigianalità, gusto, consapevolezza, sono gli ingredienti magici di ogni ricetta.